della Redazione

La redazione di Qualcunoconcuicorrere.org (comunità di giovani lettori coordinata da Matteo Biagi) ha realizzato, lo scorso 20 novembre, in occasione della consegna del Premio “Laura Orvieto”, al Gabinetto Vieusseux di Firenze, un’intervista a Benedetta Bonfiglioli, autrice di In attesa di un sole. L’amore immaginato di Emily Dickinson (Mondadori). Il romanzo ricostruisce, ripercorre e racconta un anno dell’adolescenza (quello dei diciassette) della celebre poetessa.

Riportiamo un estratto dell’intervista, e vi rimandiamo al brano originale per una lettura completa.

Che cosa l’affascina di più del personaggio di Emily Dickinson, perché pensa che i ragazzi di oggi non debbano dimenticarla?

Innanzitutto i ragazzi di oggi sono esattamente come i ragazzi dell’epoca di Emily Dickinson. Io credo che l’adolescenza sia più una categoria esistenziale, noi siamo tutti uguali quando abbiamo quell’età lì, anche nel 1840 o quando ero adolescente io negli anni ’90 del secolo scorso, perché secondo me quello che caratterizza gli adolescenti, quindi cioè voi e quello che sarete fra qualche anno è un’ampiezza di sentire che gli adulti tante volte non hanno più.

Qualche adulto fortunato, mi viene da dire come Patrizia, o da un certo punto di vista sfortunato perché rimane questa sensibilità, questo piangere per mille cose, lo mantiene anche da adulto questo modo di sentire.

La cosa che a me piace di più di Emily Dickinson è vedere cose altissime nel quotidiano, per me questo è, come posso dire, una ricchezza che dovremmo avere tutti, cioè stupirci del bello, dell’assoluto anche nel minuscolo. Anche il titolo, quando l’abbiamo scelto, In attesa di un sole, è una citazione del libro, è Emily Dickinson, lei che si sente particella di polvere, proprio insignificante; nell’universo non c’è niente di meno utile, di bello, di una particella di polvere, però lei è lì in attesa di un raggio di sole che l’accenda.

Se entrate in una stanza un po’ polverosa, e lì vi entra dalla finestra un raggio di sole voi vedrete che la particella di polvere brilla come una gemma. E così il vedere nel niente, nel minuscolo il proprio infinito.

Cosa ne pensa dell’idea che molti sostengono che i libri per ragazzi devono finire bene?

Io penso che sia a monte il problema, io credo che sia una mentalità un po’ ristretta considerare i libri per ragazzi una categoria che per di più debba finire bene. Io ricordo che una volta sentii Aidan Chambers parlare a Bologna, un uomo incredibile, uno scrittore talentuosissimo, lui disse: “Io scrivo storie, secondo me sono belle, poi mi dicono che sono per ragazzi”.

Io lo trovai molto bello, qui da noi in Italia fare lo scrittore per ragazzi sembra una strada parallela a fare lo scrittore per davvero. Io, non credo che un romanzo per ragazzi debba finire bene, io credo che debba essere bellissimo un romanzo per ragazzi. Sarebbe delittuoso scrivere un romanzo per voi e lasciarvi delusi o sottovalutarvi o usare una lingua meno che eccelsa. A me piace tantissimo leggere letteratura per ragazzi, questo perché mi delude molto meno di quanto mi delude la letteratura per adulti, che tante volte è sciatta o banale o volutamente brutta. E invece la letteratura per voi è bella.

Segnaliamo inoltre che la redazione del sito è al lavoro, come curatrice, su un’antologia di racconti inediti per ragazzi (ma non solo) commissionata a grandi scrittori italiani, che sarà pubblicata il prossimo autunno da Il Castoro.

[Foto di Rebekah Conlin, Paul Shea, Gabinetto Vieusseux]