di Nicoletta Gramantieri – Biblioteca SalaBorsa (Bologna)
Questo articolo è estratto dal numero 44 (dicembre 2017) “Incompreso. La sfida di raccontare l’infanzia”, della rivista di Hamelin Associazione Culturale (QUA potete leggere anche introduzione, indice ed editoriale).
Jerry Spinelli è un prolifico autore statunitense. Scrive per ragazzi e adolescenti da oltre trent’anni e molti sono stati premi e onorificenze che hanno costellato il suo lavoro.
La cifra del suo narrare si radica nella quotidianità, nel succedersi di eventi che riguardano la vita familiare, relazionale, scolastica e che finiscono per sostanziare la vita di ogni ragazzo. Non c’è epicità nelle narrazioni di Spinelli, non ci sono eroi né concessioni al fantastico. Ciò che è messo in scena è l’intimità, il filo discreto e privato che ognuno intesse per legarsi al mondo e per definirsi in relazione a ciò che lo circonda. I personaggi dei romanzi di Spinelli, anche quelli rivolti ai ragazzi degli ultimi anni della scuola primaria da Morton in Quarta elementare a Donald in La schiappa, da Palmer in Tiro al piccione a John in Crash, che siano timidi o ansiosi di piacere e di mettersi in mostra, portano in scena la loro inadeguatezza.
Leggendoli viene alla mente La vita schiva un bel saggio di Duccio Demetrio in cui l’autore, analizza quel contegno discreto che si può avere nei confronti dell’esistenza segnandolo non come “una condotta difensiva, una sindrome autoprotettiva” ma come una “figura dell’umano, una voglia di vivere dalle caratteristiche peculiari”. Si tratta di una posizione riservata che porta a ricercare cespugli, anfratti e tane, a rifuggire ogni aggressività e atletica disonesta competizione, a cercare quella solitudine che riaccende lo stupore del mondo.
Il motore narrativo dei romanzi di Spinelli è la frattura che c’è fra i personaggi e l’ambiente in cui si trovano a crescere. Gli eventi e le azioni finiscono per definire varie opposizioni: la mitezza verso la prepotenza, l’essere verso l’apparire, il desiderio di prevaricazione verso l’accettazione. Donald vive in una cittadina in cui ogni ragazzo a partire dagli undici anni diventa uno strozzapiccioni all’interno dell’annuale fiera e gara di tiro. Si tratta di porre fine alla vita di quei volatili che non sono stati colpiti mortalmente all’interno della competizione. Circondato da compagni che attendono con ansia il momento che diviene rito di passaggio all’entrata nella comunità, Donald non solo rifugge un tale ruolo, ma finisce per prendersi cura, fra precauzioni e bugie, di un piccione. Lo stesso senso di insoddisfazione e inadeguatezza prova Morton che cerca di adattare le sue azioni a ciò che i prepotenti della scuola si aspettano da chi frequenta ormai la quarta elementare.
Nei due giorni seguenti fui terribile. Se vedevo un ragazzino più piccolo con un Twinky, e mi andava di mangiarne uno, glielo prendevo. Se vedevo un ragazzino più piccolo seduto sull’altalena, lo spingevo giù, che volessi andarci io o no.
Il punto di vista, che la narrazione sia in prima che in terza persona, è sempre quello del protagonista, un protagonista ingenuo che si dibatte e sembra non comprendere la complessità di ciò che avviene. Succede allora che la narrazione, lineare, chiara ed essenziale, sia vivificata dalla pluridiscorsività, da un’intenzione che investe le parole e le rende capaci di esprimere, nello stesso momento, due intenzioni diverse, quella del personaggio parlante e quella dell’autore. Questa parola ricca scongiura il rischio di incorrere in un dire didascalico, rischio che ogni autore corre quando intraprende narrazioni legate all’essere e al definirsi.
Ne La schiappa Donald Zinkoff affronta con fiducia ogni tipo di relazione e non riesce ad assumere il punto di vista di chi non ha la stessa condotta. È costretto, affinché il mondo gli appaia intelligibile, a mettere in atto una serie di aggiustamenti che chi legge individua immediatamente come ascrivibili al carattere di un personaggio ingenuo. Quando un ragazzo più grande gli ruba il cappello, il riassetto cognitivo a cui Donald si costringe provoca ilarità in chi legge, una ilarità che si fa distanza e può riempirsi di pensiero.
Il ragazzo sorride. Scuote lentamente la testa. – È mio. Zinkoff lo guarda a bocca aperta. La faccia del ragazzo lo affascina. Non ha mai visto una faccia sorridere e fare “no” allo stesso tempo. Si rende conto che, a quanto pare, è stato commesso un errore. Forse il ragazzo era andato allo zoo lo stesso giorno in cui c’era andato lui. Forse ha comprato per primo la giraffa – cappello e poi se l’è scordata.
L’ambiente in cui le azioni si svolgono è quello della provincia americana popolata da personaggi vari e non stereotipati. Ci sono famiglie povere e famiglie benestanti, vite piane e vite difficili, c’è la strada per i giochi, ci sono i giardini e i rapporti di vicinato, c’è la famiglia che si fa luogo di conforto, ma anche di conflitto, c’è la scuola, palestra di rapporti e difficoltà, c’è lo sport, c’è una comunità che si stringe attorno al singolo a determinare percorsi obbligati o scelte ardite.
Chi legge si trova lì a sorridere delle difficoltà di miti e di bulli, a preoccuparsi che lo svolgere degli eventi non sia favorevole al protagonista, a desiderare di mettersi accanto e di spiegare. Questo mondo lontano, questi personaggi dai tratti estremizzati che fanno sorridere e ridere, inducono in chi legge un confronto non percepito. Il movimento continuo di andata e ritorno fra sé e quel mondo un po’ grottesco finisce per indurre interrogativi e dubbi che si fanno ricerca di senso.
Bibliografia delle edizioni italiane
- Crash, Mondadori, 2004
- Guerre in famiglia, Mondadori, 2004
- Quarta elementare, Mondadori, 2004
- La schiappa, Mondadori, 2005
- A rapporto dal preside, Mondadori, 2010
- Tiro al piccione, Mondadori, 2011
- Una casa per Jeffrey Magee, Mondadori, 2012
- Gli indivisibili, Mondadori, 2017
[L’immagine di copertina è di Anouk Ricard, Anna e Froga, Bao Publishing 2017]
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