di Hamelin Associazione Culturale

Vi presentiamo l’articolo di Nicoletta Gramantieri (bibliotecaria – SalaBorsa Ragazzi – Bologna), estratto dal numero 41 della rivista Hamelin, che presenta l’opera e la poetica della nota scrittrice Marie-Aude Murail.

Nella rivista troverete approfondimenti anche su Aidan Chambers, Philip Pullman, Melvin Burgess, Sharon Creech, Jean-Claude Mourlevat, David Almond, Anne-Laure Bondoux, Kevin Brooks, John Green, Patrick Ness, Robert Cormier, Margaret Mahy, Susan E. Hinton, Robert Westall, Philip Ridley e Brigitte Smadja.

Marie-Aude Murail. Le storie e i desideri

Murail - Andrea Settimo

[Ritratto di Andrea Settimo]

È molto difficile tentare di rendere conto dell’opera di Marie-Aude Murail nello spazio ristretto di un articolo. Si tratta di
una grande e prolifica narratrice, di una indefessa costruttrice di intrecci, di meccanismi perfetti, complessi, essenziali:
dal 1985, anno in cui pubblicò il suo primo libro C’est mieux d’etre blue, ha prodotto oltre ottanta libri. L’abbiamo conosciuta, qui nel nostro paese, grazie a Giunti, nel 2008, con la pubblicazione di Oh, boy!1. In realtà erano stati pubblicati da Emme, da Elle, da Bompiani e da Giunti altri romanzi2 che la segnalavano come un’autrice in grado di affrontare una molteplicità di generi
passando dal giallo all’umoristico, dalle storie incentrate sulla vita quotidiana alle storie fantastiche; nessuno di questi,
però, aveva suscitato lo stesso interesse di Oh, boy!.

Il libro, quando giunse da noi, era stato pubblicato in Francia nel 2000, aveva già avuto numerosi premi, era stato adattato per il teatro e trasposto, proprio nel 2008, in telefilm da Thierry Binisti col titolo On choisis pas ses parents. In Italia, dopo Oh, boy! Giunti ha tradotto altri sette libri al ritmo di uno all’anno. Per articolare un discorso attorno all’opera di Marie-Aude Murail occorre innanzitutto partire da un elemento che mi sembra essere ricorrente e distintivo della produzione dell’autrice e da cui paiono discendere le altre peculiarità: la centralità della dimensione temporale3. I personaggi messi in scena da Murail prendono vita nella finzione all’interno di un tempo che scorre, percepiamo le vicende di cui leggiamo come frutto di un prima e come premessa per un dopo. I personaggi mutano, si evolvono. Questa capacità di estendersi, di tendersi, tocca anche il punto di vista della narrazione. L’attenzione di chi racconta è diffusa, si sposta dalle vicende centrali al brulicare di casi ed eventi che proliferano attorno ai protagonisti. Murail non costruisce narrazioni che si chiudono, come avviene sovente nei romanzi con protagonisti adolescenti, in modo asfittico sugli episodi e sulle circostanze, come la scuola, i rapporti con gli amici, l’amore, la difficoltà del crescere, che riguardano i personaggi principali. I suoi romanzi sono popolati da personaggi variati come età, professione, classe sociale, sesso e scelte sessuali e ognuno di questi è portatore di una storia significativa ai fini della narrazione stessa. Leggere i romanzi di Murail è un po’ come sbirciare nella vita degli altri, è avere la possibilità di spiare il futuro, l’età adulta, la vecchiaia, di indagare il passato dell’infanzia, di mettere piedi in altrovi non accessibili. Vari sono gli escamotage narrativi messi in campo dall’autrice per rendere questa pluralità. A volte abbiamo, sulla scena, un narratore onnisciente che tutto sa e tutto può narrare, a volte si alternano sulla pagina le voci di più personaggi oppure, come nel caso di 3000 modi di dire ti amo4, romanzo appena tradotto in Italia, chi narra assume, a tratti, una sorta di entità plurima, somma del punto di vista
dei tre protagonisti. L’autrice, dal canto suo, sembra essere ben cosciente di questa sua capacità affabulatoria.

In un libretto che la casa editrice L’école des Loisirs dedica ai suoi maggiori autori leggiamo: “Marie-Aude ha molto detto e ripetuto di essere una macchina di invenzioni, un’officina che produce frasi, di passare il suo tempo a rifare il mondo con le parole, dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina, in piena notte, sotto la doccia e ai fornelli”. Penso spesso che siano proprio la sua maestria accurata nella costruzione della narrazione, le parole e le frasi che rimodellano il mondo in uno stile fatto di leggerezza e compassione a permetterle di utilizzare come motori narrativi temi significativi e ardui. “Lei ha confessato inoltre, il suo piccolo peccato di riciclare tutto, paura della morte, pene d’amore, malattie, giri di denaro, ingiustizie, parole che uccidono…”5. La morte e la vita, le miserie della quotidianità, le povertà del vivere, la vecchiaia, la malattia, l’infelicità, la meschinità, diventano propulsori di storie che vengono porte ai lettori con un umorismo che alleggerisce, una sorta di disincanto
affettuoso realizzato con la messa in scena di personaggi ingenui, con l’uso di un linguaggio che tiene insieme ambiti semantici lontani, con un utilizzo dei vari punti di vista che mette chi legge nella condizione di riconoscere prima dei personaggi stessi le furbizie, gli imbrogli, gli sviluppi della trama. Ci sono, inoltre, fili rintracciabili all’interno dei vari romanzi che permettono di approfondire alcuni aspetti dell’opera dell’autrice. Fra i tanti ne scelgo tre. Si tratta di una scelta ristretta che non rende ragione né dell’ampiezza, né della profondità della produzione, ma che mi permette di tracciare un sentiero di indagine all’interno delle pagine e di rendere a chi legge una panoramica, sia pur limitata, dell’opera della scrittrice.

La funzione delle storie

Nei romanzi di Marie-Aude Murail troviamo molti riferimenti alle storie, alla necessità di narrarle, al ruolo che paiono assumere non solo nelle vicende dei personaggi, ma anche nella nostra vita. Charlie, l’adolescente di cui leggiamo in Crack!6 è appassionata
di manga; le vicende intricate e surreali dei personaggi le sembrano molto più interessanti della quotidianità in cui si trova a vivere. Istinti psicopatici, travestimenti, ragazzi che sembrano ragazze, segreti, relazioni sadiche e amori: “Da quando leggeva i manga, la sua vita era una sorpresa continua.” Charity7 cresce nella sua nursery vittoriana accompagnata dalle storie terrificanti della sua folle tata. “Tabitha era scozzese. Era nata a Killiecrankie ed era cresciuta in un paese in cui misteriose dame vestite di bianco piangono sui moors mentre i fantasmi di quelle che le hanno assassinate si trascinano miserabili sui ballatoi dei castelli”8. Tabitha narra, di sera, storie in cui i cattivi hanno sempre la meglio, poi lascia Charity alla mercé di notti popolate da visioni e sogni agghiaccianti. Anche la piccola Venise Morlevent9 è immersa in un mondo di storie, quelle che inventa per le sue Barbie, perlopiù storie di amore e di sesso, mentre i fratelli maggiori, seduti sul divano, sono assorti nella lettura di libri come Viaggio al centro della terra e L’essere e il nulla. Per descrivere la realtà Venise fa sovente ricorso alle storie che sembrano concretizzare e dare senso agli avvenimenti che si susseguono davanti ai suoi occhi di cinquenne. Mentre ascolta i fratelli maggiori discutere sull’affidamento della loro custodia dopo la morte della madre, socchiude gli occhi e vede “uscire da terra alcuni giovani che brandivano la spada: i custodi dei Morlevent.” Le storie, nei libri di Murail non si collocano solo nelle infanzie e nelle nursery. Clara, una delle lavoranti al salone Maité Coiffure10 racconta di Mai senza mia figlia e di Christiane F., noi i ragazzi dello zoo di Berlino, libri letti ai tempi della scuola. In 3000 modi di dire ti amo, l’amore per le storie, la finzione e la messa in scena diventano gli elementi che muovono la narrazione. I tre giovani protagonisti, Chloé, Bastien e Neville, bruciano di passione per il teatro e il libro è un intessersi di riferimenti e citazioni, così fitti che servono tre delle ultime pagine del testo per rendere conto dei rimandi, dei poeti, dei drammaturghi che hanno trovato posto nella vicenda. Come una specie di impuntura discreta le considerazioni attorno alle narrazioni e ai racconti attraversano i romanzi di Marie-Aude Murail quasi a ribadire, in una metacomunicazione ben costruita, la necessità che abbiamo di attraversare la vita consolati dalle storie. Cècile11 è una maestra, è giovane e nuova del mestiere, è stata una bambina timida e riservata e timida e riservata continua a essere. Le storie le servono per concentrare attorno a sé l’attenzione della classe. Steven è un bambino che si addormenta ogni volta che Cècile narra, lei se ne preoccupa, teme di essere una maestra incapace, ma le sue apprensioni vengono fugate dalla terapeuta di Steven: “La terapeuta fece un sorriso meravigliato. ‘Lei gli fa un regalo eccezionale. Gli permette di addormentarsi al suono di una voce che racconta. La sua mamma non glielo ha mai fatto’. Cècile per un po’ fu incapace di spiccicare una sola parola, impegnata a trattenere le lacrime come meglio poteva. Poi mormorò: ‘è lei a farmi un regalo eccezionale.’”

Desideri

Peter Brooks in Trame12 ci dice che un lettore, nell’atto del leggere, attribuisce un senso agli eventi che trova nel testo e che si sviluppano attraverso una successione temporale e spaziale. Brooks, citando Roland Barthes, sottolinea come questa produzione di senso provochi piacere in chi legge. Il lettore finisce per essere mosso da una sorta di desiderio nei confronti di questa azione strutturante che lo porta a ricercare più volte lo stesso tipo piacere. Si legge, quindi, spinti da un desiderio che viene rintuzzato dal fatto che le storie narrino, sovente, il desiderio nelle sue varie declinazioni. La presenza di desideri nei romanzi di Murail mi ha sempre colpito e spesso ho pensato ai suoi personaggi come a quelle “macchine desideranti” attorno a cui Brooks indaga. Sono i desideri a mettere in moto l’azione, è sui desideri che la trama si struttura, che le nostre aspettative si articolano, che la suspense si declina. Può succedere, come in Nodi al pettine, che sia un luogo a suscitare il desiderio del protagonista: “Nel salone regnava un’atmosfera di allegra e febbrile attività. L’ammoniaca liberava le vie respiratorie, la lacca grattava la gola. Garance passava i bigodini a Fifi per una messa in piega. Louis porgeva uno a uno i foglietti di alluminio a Clara che faceva le mèche alla
signora Rémy. Ogni volta che la parrucchiera si chinava verso la cliente, Louis aveva una veduta panoramica sul décolleté.” Louis è affascinato da Maité Coiffure, il salone in cui svolge uno stage per la scuola, che è un luogo così diverso dal suo ambiente borghese, é attratto dalla bellezza di Clara, dalla bontà e dall’eccentricità di Fifi, dalla scontrosità e dalla diversità della signora Maité, dalla giovinezza di Garance, così eccessiva e lontana dalla sua, dal mestiere e dalle clienti, dall’odore della lacca e degli acidi. Questo desiderio lo porta a trascurare la scuola, ad ammonticchiare bugie su bugie per il padre esigente che sogna per lui un futuro da professionista affermato. Su questo desiderio finisce per strutturarsi l’intera vicenda. Lo stesso avviene in 3000 modi di dire ti amo. Tre ragazzi molto diversi per estrazione sociale, Chloé che appartiene a una famiglia benestante, Bastien, figlio di bottegai e Neville figlio di una madre single che si deve arrabattare fra lavori e malesseri per garantirgli la sopravvivenza, si appassionano al teatro quando un insegnante li conduce a una rappresentazione del Dom Juan di Moliére. Diversa è la malia che li prende. Chloé è incantata dai decori della sala e dai costumi, Bastien si scopre in grado di improvvisarsi attore per divertire i suoi familiari, Neville inizia a sognarsi come un gran signore malvagio in grado di spezzare i cuori delle donne. Si ritrovano, anni più tardi, a frequentare il conservatorio di arti drammatiche della loro città. Chloé deve conciliare i corsi di teatro con i ritmi intensi della scuola impegnativa a cui è iscritta, Bastien mira a fare ridere e ha idee semplificate su ciò che significa essere attore, Neville teme di non essere all’altezza e vede nel teatro un modo per interrogarsi sulla sua identità. Attorno al desiderio si struttura, di nuovo, il romanzo e l’evoluzione dei tre protagonisti, attorno alle aspirazioni, alle passioni e all’attrazione che provano vicendevolmente, avviene la definizione di sé e l’allontanamento dai modelli che la famiglia e l’ambiente sociale sembrano avere predisposto. Anche in Oh, boy! il desiderio che mette in moto l’azione è rivelato subito. I tre piccoli Morlevent si ritrovano orfani. “– Facciamo un giuramento – propose Morgane. – Giuriamo che nessuno potrà mai separarci. Eh. Siméon?”. L’intero romanzo si struttura su questo tentativo, intessendo l’obiettivo che i tre si danno con i desideri di tutti gli altri personaggi, con quello di maternità della sorellastra Josiane, con la passione della giudice tutelare per la soluzione del caso, con l’amore del dottor Mauvoisin per il suo inclemente lavoro, col desiderio di famiglia che tende a restare nascosto in Barth, soffocato dal dolore di un supposto abbandono. Innumerevoli e variati sono anche i desideri che attraversano Miss Charity. La dedizione della protagonista alle scienze e al disegno spingerà la sua vita in direzioni inusuali per una ragazza di buona famiglia del 1800, e lo stesso avverrà a Kenneth e alla sua passione per il teatro, considerata inappropriata per un giovane di origini alte. Molte sono poi le storie d’amore che si intrecciano fra le pagine, quelle truci raccontate dalla tata, quella dell’istitutrice, quella che accompagna la protagonista dall’infanzia fino alla giovinezza e alla vita adulta, quelle lette nelle opere teatrali e nei romanzi. I desideri finiscono per essere punti di accesso al racconto, elementi che definiscono i personaggi, muovono gli eventi e conducono la narrazione all’essenzialità. è il desiderio che determina l’evoluzione dei protagonisti, che traccia attorno a loro mondi e storie, che coinvolge chi legge.

Le vite degli altri

Fra i romanzi di Marie-Aude Murail che amo di più ce n’è uno che non è tradotto nel nostro paese: La fille du docteur Baudoin.
Narra la storia di Violaine, una diciassettenne che si ritrova, per disattenzione, per mancanza di esperienza e di intraprendenza, incinta. L’evento, inaspettato, enorme, ingestibile, suscita in Violaine reazioni contrastanti, se da una parte si interroga sul nome che potrebbe dare a un eventuale figlio, dall’altra comprende l’impossibilità di uscire dall’adolescenza e iniziare a pensarsi madre. Mentre la protagonista si muove fra incertezze e indecisioni, attorno a lei si muovono i personaggi che fanno parte del suo universo, ma che finiscono per essere parte importante dell’universo del racconto. L’autrice mette in scena un narratore onnisciente che può rendere conto delle azioni, dei pensieri, dei desideri, dei timori di ciascun personaggio. Accanto a Violaine si
muovono non solo l’amica che le sta accanto nell’improvvisa difficoltà, ma anche la famiglia composta dal padre, dalla madre, dalla sorellina e dal fratello, che non viene rappresentata solo in funzione degli eventi che riguardano Violaine. Alla storia di ogni personaggio è riconosciuta dignità e ognuno è rappresentato in relazione alla propria esperienza, senza fissità, senza stereotipi. Il padre, medico affermato e disamorato della professione, ha abbandonato ogni tentativo di empatia nei confronti dei pazienti. La madre, bella e scontenta, si trova a dover affrontare una malattia grave. I fratelli hanno occupazioni e preoccupazioni propri delle loro età. Il narratore si sofferma anche sui pazienti del dottor Baudoin, sulle loro sofferenze fisiche ed esistenziali, sulle loro speranze, sulle loro vite. L’ambulatorio diviene, per il lettore, un crocicchio di storie. E l’ambulatorio serve pure per mettere in scena il giovane e sensibile dottor Chasseloup, socio del dottore più anziano, pieno di compassione e di pazienza, animato da intenti e ideali alti, che vede nella professione l’opportunità di alleviare afflizioni e povertà. Non si tratta di personaggi esotici o fantastici e le loro azioni somigliano a quelle che noi compiamo nella vita di tutti i giorni, ma l’estrema vicinanza a ognuno rende una sensazione forte di alterità. Il solito, la vita delle coppie, la malattia, il dolore, l’amore, il sesso, la vecchiaia, i rapporti di tutti i giorni attorno alla tavola della cena, osservati da vicino diventano la possibilità di sperimentare l’alterità: un’alterità inquietante
perché tanto vicina a noi. Si tratta della stessa alterità che ritroviamo in altri romanzi, nella disabilità di Simple, nelle vite da rifugiati dei bambini Baoulé, nelle regole a cui Charity deve sottostare, nelle violenze domestiche a cui è sottoposta la vicina di casa di Barth, nella malattia di Siméon, nelle difficoltà che il padre di Charlie deve affrontare sul lavoro. Marie-Aude Murail
compie un’operazione inusuale che diviene la cifra del suo narrare. Quegli elementi, quelle storie, quei dolori che appartengono
alla vita di ciascuno, alla cronaca, all’attualità e che di solito non riusciamo a tenere vivi nell’attenzione, vengono impastati e articolati in una trama, resi in una lingua e in uno stile che li rende nuovi alla nostra vista, al nostro interesse. Avviene, leggendo la Murail, quello di cui ci dice Azar Nafisi nel suo La repubblica dell’immaginazione13 “Le storie (…) ci riportano al nostro passato, ci offrono una chiave critica per comprendere il presente, ci permettono di concepire un futuro diverso, di vedere la nostra vita non solo così com’è, ma anche come dovrebbe o potrebbe essere. La conoscenza immaginativa (…) è un modo di percepire il mondo e di capirlo”.

Per saperne di più

  • Antonella Lamberti, Il talento ha bisogno di tempo, intervista a Marie-Aude Murail, in “Liber” n. 102, 2014
  • Marie-Aude Murail, A cosa serve acculturarsi?, in “Hamelin” n. 38, 2014
  • Carla Poesio, Un eroe gay da amare, intervista a Marie-Aude Murail, in “Liber” n. 82, 2009

Note

  1. Murail M.-A., Oh, boy!, Giunti, 2008
  2. Lo zio Giorgio, EL, 1991; Pianta un seme… e spunta un mostro, EL, 1992; La bambina dai capelli blu, Emme, 1992; Papà e i bagni di lingue, Emme, 1993; Controcorrente, EL, 1997; C’è un assassino nel collegio, Fabbri, 1998; Gesù come un romanzo, Bompiani, 1999; Baby-sitter blues, Giunti, 2007
  3. Calabrese S., Letteratura per l’infanzia. Fiaba, romanzo di formazione, crossover, UBM, 2013 segnala un simile approccio alla dimensione temporale come peculiarità del romanzo di formazione
  4. Murail M.-A., 3000 modi per dire ti amo, Giunti, 2016
  5. Murail M.-A., Chérer S., Mon écrivain préféré, L’école des Loisirs, 2007, pag 55
  6. Murail M.-A., Crack! Un anno in crisi, Giunti 2014
  7. Murail M.-A., Miss Charity, Giunti, 2013
  8. Murail M.-A., Miss Charity, Giunti, 2013, pag 19
  9. Murail M.-A., Oh, boy!, Giunti, 2008
  10. Cfr. Murail M.-A., Nodi al pettine, Giunti, 2011
  11. Murail M.-A., Cècile. Il futuro è per tutti, Giunti, 2010
  12. Cfr. Brooks P., Trame, Einaudi, 2004
  13. Nafisi A., La repubblica dell’immaginazione, Adelphi, 2015

Per acquistare Dove vanno le anatre d’inverno – Grandi scrittori per giovani adulti, numero 41 della rivista “Hamelin”, cliccate QUA.

copertina 41_web

[L’immagine di copertina è di Anna Deflorian]