di Rachele Bindi – Psicologa psicoterapeuta
Da anni ormai mi occupo di Libroterapia e, da terapeuta, sono io ad indicare ai miei gruppi le letture di cui discuteremo nei nostri incontri. In questo modo, sono io a decidere quali siano i testi che possano far bene a quel gruppo di persone, in quel momento. La mia scelta non è guidata dal gusto personale o da una scelta psicoeducativa nei confronti dei miei partecipanti, non considero i romanzi come farmaci specifici per disturbi o patologie, anzi, ricerco nei testi spunti di amplificazione delle figure di senso collettive (gli archetipi) che, secondo la psicologia analitica di Jung, hanno dei corrispettivi interni alla psiche individuale (i complessi), il cui sviluppo ed equilibrio porta ad un efficace percorso di individuazione e quindi al benessere psicologico.
Per Il maggio dei libri ho pensato di fare una piccola ricerca, chiedendo agli utenti di indicarmi, fino al 31 maggio, quali sono i libri che secondo loro fanno bene. Ponendovi questo quesito sapevo di fare una di quelle domande da superquiz televisivo, di entrare in quelle questioni inderimibili: Magris direbbe che è come “chiedere a un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà”. Nasco curiosa e da quando mi occupo di libroterapia una delle mie più grandi curiosità è sapere quali romanzi hanno lasciato maggiori tracce nella psiche delle persone che incontro.
La domanda porta in sè una ambiguità: chiedendo quali libri vi hanno fatto bene sembra che io stia sottointendendo la possibile esistenza di libri che non fanno bene… E in fondo non è vero. Come non esistono letture inutili (nemmeno quelle più banali, che se non altro mi confermano cosa non sono, cosa non penso, cosa non apprezzo), non ci sono però libri che “fanno bene” a tutti in ogni momento della vita. È il mio momento psichico che determina quanto un libro farà eco dentro di me, quanto mi farà riflettere, quanto mi lascerà dentro.
La misura di quanto la lettura può toccarmi è il mio inconscio, tutto ciò che dentro di me si muove in questo momento, le questioni che mi stanno attraversando o, per dirla in termini junghiani, i complessi che sono maggiormente attivi mentre leggo.
Vi faccio qualche esempio per spiegarmi meglio: se in questo momento il complesso maggiormente interrogante il mio inconscio è Ombra, con tutta la sua valenza archetipica (Ombra è ciò che non voglio vedere di me, quelli che considero essere i miei difetti, gli aspetti del mio essere che preferisco nascondere al collettivo o che non vorrei proprio avere) probabilmente un romanzo che sia incentrato su tematiche di doppio buono/cattivo, sui difetti, su un personaggio che lotta per migliorarsi, avrà una maggiore presa sul mio inconscio e mi porterà ad amplificare le mie riflessioni sul tema. Proprio queste amplificazioni potrebbero essere generative di un mio migliore rapporto con quella parte di me e portare ad una possibile integrazione ed accettazione di quel mio aspetto che non mi piace.
Ognuno ha le proprie classifiche e categorie personali quando si parla di romanzi: ricordo Piersandro Pallavicini che nel suo Romanzo per signora ci riporta le categorie del suo personaggio, Cesare, che divide i libri in “navigabili” (si lasciano leggere con un certo piacere), “piaghe da decubito” (troppo pesanti), “martlàa a travers” (quelli che sono troppo tetri e presuntuosi) e “funghi trifola” (rarissimi, ti cambiano la vita). Bene, vorrei che mi diceste quali sono i vostri funghi trifola, in modo che io possa raccogliere le risposte e farne un piccolo studio che poi sarà mia cura diffondere per continuare a ragionarci con voi.
Vi lascio anche un riferimento letterario, un testo che ogni bibliofilo dovrebbe avere: I libri ti cambiano la vita a cura di Romano Montroni, il quale ha chiesto a cento scrittori di indicare il libro che ha cambiato loro la vita. Vi avverto, allungherà la vostra lista dei libri da leggere!
Aspetto le vostre risposte tramite il form in questo link: http://www.rachelebindi.it/#!libri-che-fanno-bene/okzjn
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