di Maria Greco – Responsabile del settore scuola del Centro per il libro e la lettura

“La scuola non deve soltanto istruire, ma anche e soprattutto educare”

 

Questo Mario Lodi lo sapeva bene. Sapeva bene che il bambino e la sua dignità erano al centro del processo educativo. Sapeva, da buon Virgilio, “condurre fuori” (exducere) la felicità che sta nell’atto dell’imparare e guidare verso l’idea di una nuova scuola, diversa da quella autoritaria che aveva vissuto da alunno: “La mia maestra era stata severa e molto astuta; a noi diceva di essere una maga, di avere gli occhi anche dietro. Si metteva alla finestra dove ci vedeva riflessi nei vetri e così, con la prova dei nostri movimenti, poteva castigarci”.

Mario Lodi e la scuola di Vho

Quando dopo la guerra iniziò la sua attività di maestro, capì che i tempi erano cambiati e che bisognava ricostruire ciò che si era perso, partendo dall’idea di una scuola democratica, che cambiasse linguaggio. Influenzato e affascinato dalle teorie del francese Célestin Freinet, fondatore del Movimento di Cooperazione Educativa, di quella “pedagogia popolare”, in cui l’autorità del docente viene sostituita dalla libera espressione dell’alunno, in un intervento didattico che si fonda sui principi della operatività, della solidarietà sociale nel pieno rispetto del bambino, con i suoi interessi, le sue aspirazioni, i suoi bisogni, iniziò a ricercare e a studiare. E così, agli inizi degli anni Cinquanta, a Vho, c’erano dei bambini invitati da un maestro (per l’incredula meraviglia dei genitori) a disporsi in cerchio, educati a “chiedere la parola”, “la cosa più difficile che si possa imparare, ma la cosa più importante che si possa conquistare”, dirà in una intervista il grande maestro; educati a raccontare ciò che vedevano intorno a loro, nella quotidianità, e a farlo scrivendo insieme al maestro.

Già, perché Mario Lodi scriveva le “sue” storie coi suoi bambini, come accadde con la storia di Cipì, un pennuto intraprendente e assai curioso che non vede l’ora di volare fuori dal nido, che lotta per sopravvivere e insegna ai piccoli a stare al mondo: era una mattina del 1957, primo giorno di scuola di una prima elementare, il maestro non represse la curiosità di un bambino di affacciarsi alla finestra e guardare cosa ci fosse fuori, così fecero gli altri, videro un passero saltellare e intorno a questa visione del reale costruirono la storia del passero più famoso della letteratura per ragazzi, Cipì. Ognuno di loro aveva messo un po’ della sua vita, lì dentro, e ancora oggi i bambini, leggendo Cipì, vi possono trovare i loro valori e le loro emozioni: la paura, la felicità, l’innamoramento, l’amicizia, la solidarietà, il dolore, la gioia, raccontati con una semplicità che commuove.

fb_mario_lodi_tra_un_anno_il_centenario_dalla_nascita_unoccasione_di_speranza

In questo giorno speciale, nel ricordare il Centenario della nascita di Mario Lodi, vi lascio con alcune riflessioni: “Quanto ancora è attuale la lezione del Maestro? Quanto ancora abbiamo da imparare da lui?”. E ancora, “Quale lettura personale e collettiva potremmo insegnare in una scuola attiva che guarda alla valorizzazione delle diversità, una scuola in cui il “maestro ignorante” impara dai bambini e dal loro modo di leggere il mondo?”

 

 

https://www.centenariomariolodi.it/