della redazione

Riparte il ciclo di interviste (leggi QUI le altre) a chi si occupa in prima persona di promozione della lettura: librai, bibliotecari, insegnanti, blogger, esperti di illustrazione e letteratura per ragazzi e per l’infanzia. Martina Micillo, nata e vissuta fino all’età di 19 anni a Formia, nel Golfo di Gaeta, si scopre amante delle storie, scrittrice di lettere e curiosa di luoghi, anche grazie ad una sorella maggiore lettrice e viaggiatrice. Si trasferisce a Roma, dove studia lettere moderne laureandosi con una tesi sulla narrativa di Antonio Tabucchi. Nel 2017 arrivano insieme la figlia Isabella, la proposta di ruolo nella scuola statale e la scoperta di una nuova didattica, il WRW – Writing and Reading Workshop: una terna epica che dura tutt’ora. È insegnante dell’I.C. “Marco Ulpio Traiano” di Dragona, nella periferia sud di Roma, e dal 2020 formatrice in didattica della lettura a scuola.

 

1) Fai una breve presentazione di te, del percorso che ti ha portato alla scoperta dei libri per bambini e ragazzi e all’educazione alla lettura, alla promozione del tuo progetto e/o delle tue attività legate alla lettura.
Sono un’insegnante di scuola secondaria di primo grado (le “vecchie” medie per intenderci), dove insegno lettere. Ho scoperto – e in parte riscoperto – la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza grazie a mia figlia Isabella, ora bimba di 4 anni, per quanto riguarda il target infanzia, e grazie al gruppo di insegnanti denominato “Italian Writing Teachers” (IWT) – il quale pratica e diffonde in Italia la metodologia del laboratorio di lettura e scrittura maturato negli USA – per quanto riguarda il target adolescenza.

 

2) Quali sono gli ostacoli che hai incontrato (in generale e al tempo del Covid)? Come li hai superati? Chi o cosa ti ha aiutato?
Quando si sceglie di fare della lettura un caposaldo del proprio insegnamento, evitando di confinarla all’ora di narrativa settimanale, alle letture consigliate per le vacanze o ai brani antologici spesso ridotti, rimaneggiati e comunque decontestualizzati, si sceglie di intraprendere un percorso di cambiamento.
Questo significa: mettere su una biblioteca di classe investendo le proprie energie e risorse per fornirla di testi letterari contemporanei e diversificati; studiare – e tanto – per creare le condizioni per cui quei libri circolino nella classe, siano letti, discussi, scambiati, consigliati; leggere tanta narrativa per ragazzi per essere aggiornati ma anche per poter individuare quei testi che pensi possano funzionare nel contesto classe e sui quali si progettano percorsi di lettura a voce alta, comprensione ed analisi. Ritengo quindi che qualsiasi “ostacolo”, soprattutto personale, possa essere superato attraverso lo studio, l’aggiornamento, la progettazione, l’entusiasmo e la passione; per quanto riguarda invece eventuali ostacoli esterni, per il momento non ne ho incontrati di grossi. All’inizio di quest’anno, a causa del Covid, ci è stato detto che non avremmo potuto tenere in classe i libri e consentirne lo scambio. Per questa ragione mi sono organizzata con una digitalizzazione del catalogo attraverso l’applicazione di Anobii: ai ragazzi e alle ragazze chiedo di consultarlo e di comunicarmi il titolo scelto, che io porterò loro l’indomani. Naturalmente il libro utilizzato viene messo in quarantena per almeno 24 ore prima di essere eventualmente ripreso in prestito. Nella seconda parte dell’anno, anche grazie ai chiarimenti ministeriali, abbiamo appreso che è possibile avere in classe i libri e questo ha consentito di riportare l’oggetto materiale in classe, promuovendo così una scoperta diretta del catalogo. Il Covid ha avuto poi un impatto anche sulle modalità di lettura: quella degli albi, anziché in cerchio, è stata fatta dai propri banchi proiettando alla lavagna immagini significative del testo.

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3) Cosa consiglieresti agli insegnanti che vogliono realizzare iniziative come la tua?
Potrei rispondere così: studiare, sperimentare, riflettere e condividere (che è poi quello che, nella pratica, chiediamo anche ai nostri alunni e alunne). Per la sperimentazione è necessario prendersi del tempo, per progettare prima, ma anche per realizzare poi: il tempo è spesso nostro tiranno e a scuola sembra sempre di averne pochissimo. La riflessione e la condivisione sono altrettanto importanti in quanto tengono l’orecchio in ascolto e da questo punto di vista Facebook, come social network, funziona davvero bene. Come anche l’individuazione di quello che definiamo un “dipartimento del cuore”, magari a km (quasi) zero: colleghe e colleghi non necessariamente appartenenti alla nostra stessa scuola con i/le quali abbiamo contatti più stretti e riusciamo anche a studiare e scambiarci idee di persona.

 

4) Cosa significa per te leggere? Perché lo ritieni importante?
Leggere è parte di me, dei miei bisogni, del mio modo di essere, della mia vita, della mia professione, delle mie relazioni. È un’attività irrinunciabile e necessaria, attraverso la quale provo a comprendere me stessa, ma anche la storia, i sistemi, le persone, i rapporti, le emozioni. Io ricorro spesso ai libri o alle pubblicazioni per “illuminare” aspetti dell’esistenza che mi sfuggono, che vorrei approfondire, sui quali ho bisogno di punti di vista differenti. Con le parole di Frank Serafini: “La letteratura illumina la vita. Reca significato alla nostra esistenza umana e ci aiuta ad affrontare il mondo in cui viviamo. Leggere letteratura è un fine in se stesso, non semplicemente un mezzo per diventare un interprete competente” (traduzione mia). La lettura offre quindi una possibilità di crescita costante come individui, è fonte di rispecchiamento, allena l’empatia verso gli altri, ci aiuta a orientare le nostre opinioni e le nostre scelte. E, accanto a tutto questo – che appunto già di per sé basterebbe – la lettura consente lo sviluppo del linguaggio e delle connessioni neurali, l’accrescimento del lessico, dell’organizzazione della frase. Se poi dovessi dire perché, dal punto di vista dell’insegnamento, la ritengo importante, aggiungo quanto segue: la lettura, in quanto risposta al nostro universale bisogno di storie, è una pratica che genera motivazione, inclusione, contrasto alla dispersione. La lettura è, per me che insegno lettere, anche il bacino cui attingere per improntare attività di scrittura perché come dice Pam Allyn: “Leggere è come inspirare, scrivere è come espirare”. Da quando, poi, ho scoperto la dimensione corale della lettura sia a casa, con mia figlia, che a scuola, assieme ai miei alunni e alle mie alunne, direi che la lettura rappresenta un piacere, un dono reciproco, uno strumento di conoscenza e di dialogo, una pratica di cittadinanza, di buona e solida comunicazione alla quale ora come ora non riuscirei più a rinunciare.

 

5) Come costruisci il tuo lavoro con i libri?
Diciamo che i libri attraversano e sostengono un po’ tutte le discipline che insegno e la gran parte del mio lavoro si ispira alla metodologia del Reading Workshop (RW). Leggo a voce alta uno o due romanzi l’anno – romanzi di formazione, d’avventura, gialli o anche altri generi – che trattano lo sviluppo di una storia per intero e dunque consentono una comprensione profonda dei meccanismi narrativi. Alla lettura a voce alta si alterna il confronto orale su quanto letto (ipotesi, anticipazioni, possibili interpretazioni) e si affiancano quasi sempre delle strategie di comprensione e di analisi del testo in forma orale o anche scritta, che sfociano alla fine della lettura in un lavoro di rielaborazione della storia letta: la stesura di una lettera al/alla protagonista del romanzo, l’ideazione di un finale alternativo, la creazione di una copertina alternativa, un commento. Dipende molto dal grado di apprendimento e dal tipo di lavoro che si è svolto. La lettura a voce alta costituisce la pietra miliare della costruzione di una “comunità di lettori e lettrici”: sin dai primi giorni di scuola il gruppo classe si struttura, tra una merenda e l’altra, anche grazie alla lettura, alla condivisione, alla trepidante attesa del capitolo successivo. Oltre ai romanzi, leggo a voce alta anche gli albi illustrati: la presenza del doppio canale, scritto e grafico, apre a molteplici possibilità di interpretazione ma soprattutto è fortemente inclusiva e declinabile, con attività e richieste diverse, in tutti i gradi di scuola e in tutte le classi. Solitamente leggo a voce alta anche saggi o stralci di saggi che, soprattutto in storia e cittadinanza, consentono di affacciarsi alla conoscenza in modo autentico, attraverso le fonti e con un dettato coinvolgente. Di recente, ad esempio, ho affrontato la lettura quasi integrale del libro di Massimo Birattari L’Italia in guerra. 1915-1918 Niente sarà come prima, con le illustrazioni di Matteo Berton, per parlare con la mia terza della Prima guerra mondiale. I ragazzi ascoltavano rapiti il racconto dell’attentato di Sarajevo e delle trincee, tanto che nel compito in classe hanno poi riportato passi del libro.
Parallelamente alla lettura a voce alta, promuovo la lettura autonoma, individuale e silenziosa attraverso un tempo fisso (sessioni da 10 minuti al giorno, di solito) in cui i ragazzi possono leggere un libro a loro scelta tra quelli presenti nella biblioteca di classe o presi altrove. Possono abbandonare il libro per un altro, staccare la lettura con una rivista (sì, nella biblioteca ci sono anche quelle: Internazionale Kids, ma anche National Geographic…) o finire la lettura e decidere di parlarne ai compagni con una presentazione orale (booktalk) del tutto simile a quella che io faccio mediamente una volta a settimana per portare loro un libro che ho letto e inserirlo nella biblioteca di classe. Se inizia il passaparola su un libro è la fine, tocca redigere liste di prenotazione!

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6) Che caratteristica deve avere un progetto di promozione della lettura per essere veramente incisivo ed efficace nel tempo? Non esiste una formula magica ma, in base alla tua esperienza, come si fa a far nascere nei bambini/giovani l’abitudine (e poi il piacere) della lettura?
Mah, io credo che ciascuna abitudine nasca laddove ci sono degli stimoli forti a farla nascere. Ascoltare un’insegnante appassionata di libri che ne parla, li sfoglia, li cita, li richiama e li offre loro senza obblighi o pressioni valutative è già un buon inizio. Fare qualcosa in cui il gruppo si riconosce, attraverso cui consolida le relazioni e trova interessi comuni è un altro punto a favore. Esplorare le biblioteche e le librerie specializzate, partecipare ad incontri con gli autori o a concorsi e tenere laboratori con esperti del settore aumenta la qualità e la completezza dell’esperienza. Fondamentale è poi offrire tante possibilità: dal romanzo alla raccolta di poesie, dall’albo al saggio, dalla graphic novel alla raccolta di racconti. Ciascuno deve poter trovare “la poltrona” su cui sta più comodo e partire. Tutto sta nel partire. Ad un’alunna che si è aperta dicendomi: “Prof, a me leggere non piace, non la trovo un’attività interessante e mi viene difficile” ho risposto, rassicurandola, che la mente umana non sarebbe programmata per la lettura, che infatti ci richiede grandi sforzi. E l’ho incoraggiata dicendo: continuiamo, continua a cercare il libro che fa per te, e quando l’avrai trovato, vedrai che comincerai anche tu questo fantastico viaggio.

 

7) Quali sono secondo te i fattori che contribuiscono ad ottenere nei giovani un rapporto sano con l’oggetto libro/con la lettura?
L’ormai famoso e aggiungerei fondamentale decalogo di Gianni Rodari, Nove modi per insegnare ai bambini ad odiare la lettura, contiene già in sé alcune risposte fondamentali a questa domanda, poiché ci dice anzitutto cosa disturba e compromette questo rapporto.
Come accennavo prima, evitare l’obbligo ed evitare anche il giudizio moralistico sulla tipologia, la quantità e i tempi di lettura. Far diventare la lettura un’abitudine proponendo attività ricorrenti; lasciarla libera dalla valutazione, spingendo chi legge a “gustarsi” la storia senza pensare di dover poi rispondere a domande di comprensione o dover compilare noiose e inutili schede libro. Coltivare questa pratica in famiglia, lasciandosi uno spazio magari anche piccolo per leggere dei libri insieme e conversarne; diversificare le tipologie per poi magari trovare un genere o un autore ideale e affezionarsi a quello; graduare e diversificare le letture per attitudine, personalità, processo di maturazione, capacità di concentrazione, intercettare quindi i loro (mutevoli) bisogni ed accompagnare pian piano la formazione di un gusto personale; trasformare la lettura in un’attività sociale, di condivisione con il gruppo classe e con gli amici; guidare i lettori verso la consapevolezza che la lettura è la possibile chiave di una relazione profonda con gli altri e con se stessi, che ogni libro contiene una storia che loro scrivono insieme all’autore, che il libro non è un oggetto morto ma estremamente vivo, parlante, pulsante emozioni cui loro possono abbeverarsi nel corso del cammino.

 

8) Hai in mente nuovi progetti legati all’educazione della lettura?
Mi piacerebbe fare molte cose. Sicuramente per l’anno a venire vorrei programmare letture a voce alta e prevedere l’incontro con l’autore/autrice, ma al contempo sento il bisogno di lavorare con le classe anche alla scoperta di come si fa un libro, della filiera produttiva e del lavoro di redazione, per una maggiore consapevolezza ma anche per una forma di orientamento, perché no. E poi, Covid permettendo, mi piacerebbe sperimentare i gruppi di lettura in classe e continuare il lavoro cominciato due anni fa con le colleghe della primaria e dell’infanzia per progettare l’educazione alla lettura in modo verticale.

 

9) Quanto è importante la formazione sull’educazione alla lettura? Perché?
La formazione continua è la base per una trasformazione radicale del proprio insegnamento
, affinché questo sia sempre più sensato ed efficace. Per quanto riguarda l’educazione alla lettura, la formazione è fondamentale per ampliare le conoscenze bibliografiche e quindi le potenzialità di far avvicinare i ragazzi alla lettura; per conoscere ed applicare a nostra volta pratiche didattiche valide e condivise, ma anche per conoscere quello che c’è dietro (le neuroscienze, ad esempio). Per questo motivo bisogna cercare il più possibile corsi che siano operativi, che diano la possibilità di “mettere le mani in pasta”, anche se in quest’anno disgraziato è difficile a causa della distanza. La distanza è stata però anche un forte stimolo al cambiamento, alla ricerca di soluzioni di cui, adesso, non potremmo più fare a meno. Faccio un esempio: le lezioni tenute dai più illustri esperti in materia di educazione alla lettura al Salone di Torino si sono tenute online, a numero chiuso, ma sono poi state fruibili sulla piattaforma Salto+. Un’occasione imperdibile – e gratuita, tra l’altro – che consiglio davvero a tutti coloro che lavorano come educatori di andare a recuperare.
Per una solida formazione è necessario affidarsi agli esperti e alle esperte del settore che, attraverso molteplici canali – alcuni dei quali liberamente fruibili come blog o canali video – offrono numerosi stimoli e strumenti. Mi riferisco a persone come Nicola Galli Laforest, dell’Associazione Hamelin, Matteo Biagi di qualcunoconcuicorrere.org, Alice Bigli di Mare di Libri e Allenatori di lettura, Roberta Favia di Teste Fiorite, Federico Batini, esperto di lettura ad alta voce, tutto il gruppo IWT ma in particolare Jenny Poletti Riz, Silvia Pognante, Stefano Verziaggi, Daniela Pellacani, Loretta De Martin, Linda Cavadini, Agnese Pianigiani, Romina Ramazzotti. Si tratta di persone eccezionali, che stanno svolgendo, ciascuna con la loro specifica professionalità, un grande lavoro di divulgazione dell’educazione alla lettura in Italia e che auguro a tutti quelli che si incamminano di incontrare sulla propria strada. Accanto a questo, naturalmente, ci sono le riviste specializzate come Liber, Andersen o le pubblicazioni di settore internazionali, come quelle di Marianne Wolf, Aiden Chambers, Frank Serafini, solo per citarne alcuni.

 

10) Hai partecipato a qualche iniziativa promossa dal centro per il libro e la lettura? Se sì, racconta com’è andata.
A novembre ho preso parte all’iniziativa “Libriamoci a scuola” con la mia classe prima.
Ho proposto loro la lettura di un albo illustrato, I fantastici libri volanti di Mr Morris Lessmore di William Joyce (edito da Rizzoli): la storia del bibliotecario che si prende cura dei libri e delle persone, scrivendo il libro della sua vita, ha scatenato curiosità, meraviglia, immedesimazione e ipotesi fantastiche.
Accanto alla lettura, abbiamo portato avanti una conversazione sulla storia ma anche delle attività scritte, per iniziare a mettere in valigia strumenti di comprensione del testo che ci saranno utili nel tempo. Ho chiesto infine alle alunne e agli alunni di scegliere una citazione sulla lettura o di inventarne una propria, con la quale realizzare un segnalibro. Alessio ha scritto: “Un libro è come un’esperienza. Dopo un po’ finisce, ma in mente ti resta”. Di questa attività – per la quale mi sono ispirata alle pratiche del gruppo IWT – ci è rimasta l’impressione forte di una comunità, la nostra, che stava nascendo e muovendo i primi passi. I passi – non sporadici, non episodici – di un percorso che tracceremo insieme con fatica, ma soprattutto con gusto.

 

11) Quali sono le caratteristiche che un libro per ragazzi deve avere per essere un buon libro?
Raccontare bene una storia
, che lo faccia attraverso le immagini, le parole o entrambe; contenere molteplici temi e proporre diversi punti di vista sulla realtà, tra cui senz’altro quello di un coetaneo di chi legge, meglio se il protagonista della storia; lasciare a chi legge la possibilità di interpretare la storia senza forzarne la lettura, evitando di ammiccare a stereotipi o suggerendone il valore “didattico”. Aggiungo, oltretutto, che deve essere scritto bene: se è “letteratura per ragazzi” (etichetta sulla quale si discute molto) non significa che si debba giocare al ribasso nelle scelte sintattiche e lessicali. Ricordo ancora con grande piacere alcune sessioni di lettura di novembre nelle quali, con la mia terza, abbiamo letto a voce alta il romanzo The Frozen Boy di Guido Sgardoli (edito da San Paolo): un romanzo che, a partire dalla scelta di non essere diviso in capitoli ma in tre grandi parti, presenta un discorso ricco di ipotassi, con un dettato stilistico alto e un lessico ricercato. Ne venne fuori una lezione sulle metafore in prosa che si è poi rivelata fondamentale per interpretare il simbolismo nel romanzo. Io stessa – e lo rievoco spesso con i miei alunni – ho imparato grazie a quel libro che il verso del gabbiano urlatore si chiama berciare.

 

12) Quali sono per te i tre libri più belli per ragazzi dagli 11 ai 14 anni?
Questa è una domanda veramente difficile. Potrei stare a ragionarci intere settimane, lascerei comunque fuori tantissimi libri, non solo per averli letti e dovendomi limitare, ma anche per non averli ancora letti: sto pian piano recuperando grandi titoli ma naturalmente devo bilanciarmi tra nuove uscite e “must have”. Quindi rispondo così: John della notte (Equilibri) di Gary Paulsen, un lungo racconto sulla figura di uno schiavo istruito che, nella seconda metà dell’800, prova ad emancipare gli altri insegnando loro a leggere e a scrivere. Il soggetto è già enorme di per sé, ma nella penna asciutta e ritmata di Paulsen diventa una storia indimenticabile. Cuori di Waffel di Maria Parr (Beisler): la storia di Lena e Trille, due vicini di casa che, nella baia di Martinfranta, ne combinano di tutti i colori nell’arco di quattro stagioni. Il tempo è scandito da eventi eccezionali, come la festa estiva, ma anche molto ordinari, come la zia-nonna che prepara loro dei gustosi waffel. In un anno i due faranno qualche passo in più nel mondo degli adulti e noi siamo spettatori di queste trasformazioni che l’autrice sa cogliere con un linguaggio essenziale e allo stesso tempo autentico. Infine, Prima che sia notte di Silvia Vecchini (Bompiani), arricchito dalle illustrazioni di Sualzo: tra prosa e poesia, la storia di Emma e del fratello Carlo che non sente e vede solo da un occhio. È complicato parlare di questo libro perché l’autrice ha trovato un modo per dar voce a situazioni di vita quotidiane – in questo caso, oltre alle amicizie e alla famiglia, la LIS, la malattia – attraverso un “alfabeto sentimentale” che travolge con la sua densità.

 

13) Parlando di educazione e promozione alla lettura quanto pensi sia importante creare una rete tra la scuola, la famiglia, biblioteche e librerie?
Importantissimo. Come sostiene anche Aidan Chambers – che ha affrontato di recente l’argomento al Salone di Torino – un’ insegnante che voglia intraprendere un percorso costante e strutturato di educazione alla lettura ha bisogno del sostegno di chi si occupa costantemente di libri, di bibliografie, di novità e recuperi editoriali. In una parola: di professionisti del settore. Librai e bibliotecari hanno poi il vantaggio di potersi relazionare ai ragazzi e alle ragazze al di fuori del contesto scolastico e del sistema valutativo ad esso collegato, pertanto hanno maggiore libertà di “movimento”. Con le famiglie il discorso è un po’ più complesso: possiamo coinvolgerle nell’arricchimento della biblioteca di classe, proporre loro la partecipazione a eventi o progetti, ma non si tratta di educazione alla lettura, semplicemente di una partecipazione episodica ed esterna alle attività suggerite dal corpo docente. L’abitudine alla lettura, quando non sviluppata sin dall’infanzia nel contesto familiare, è più difficile da strutturare, principalmente per gli adulti. L’anello debole della rete è spesso quello: se a casa non ci sono libri e se la mamma e il papà non leggono, manca un aspetto fondamentale affinché la lettura sia concepita e avvertita come bisogno a vita.

 

14) Che cosa si può fare di più per portare la lettura in contesti di povertà educativa?
In ambito scolastico indubbiamente investire nella formazione del corpo docente sulle pratiche più motivanti e inclusive e stanziare fondi o partecipare a progetti per la creazione di biblioteche di classe, dunque per l’acquisto di testi che siano il più possibile adeguati ed incisivi rispetto al contesto socio-culturale. È fondamentale che i ragazzi e le ragazze trovino educatori appassionati e competenti da un lato, ma che abbiano anche a disposizione spazi e tempi per frequentare i libri, per scegliere le loro storie e sviluppare pian piano l’abitudine. Ideale sarebbe che la lettura, com’è scritto nelle Indicazioni nazionali, fosse praticata quale insegnamento trasversale alle varie discipline, competenza da maturare non solo nell’ora di lettere ma anche in quella di tecnologia, musica, scienze e così via. Preferendo sempre un libro – magari ben illustrato – che racconti una storia dall’inizio alla fine.

 

15) Qual è il tuo libro preferito di sempre?
Anche questa è una bella domanda! Ho alcuni libri del cuore, probabilmente sceglierei Una questione privata di Beppe Fenoglio: l’intreccio tra le vicende di due giovani che si innamorano negli anni della Resistenza, con tutto ciò che questo comporta, narrate con un ritmo e una lingua in cui tout se tient. Faccio completamente mie le parole che ebbe a scriverne Italo Calvino: “Una questione privata è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta […] ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché.” Indimenticabile, a parer mio, la capacità di Fenoglio di rendere la nebbia piemontese una di queste figure, un “mare di latte” determinante non solo nell’ambientazione della vicenda ma nell’ingranaggio della stessa.

16) Qual è la tua citazione letteraria preferita?
“La poesia è per l’uomo ciò che il coro è per il teatro greco – modo d’agire dell’anima bella, ritmica – voce che accompagna il nostro io creatore – gita al paese della bellezza – lieve traccia del dito dell’umanità – norma libera – vittoria sulla rozza natura in ogni parola. – La sua spiritosità è espressione di attività libera indipendente – volo – umanizzazione – illuminazione – ritmo – arte.” È una citazione di Novalis a cui sono particolarmente legata: la ricopiai su un quadretto ai tempi del liceo e la appesi in camera. Mi accompagna da allora.