La redazione di Libriamoci ha intervistato Sante Bandirali di Uovonero e del progetto editoriale i Libri di Camilla – Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili.

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Come nasce questo progetto, quali obiettivi ha e come si intreccia con l’esperienza editoriale di Uovonero?

Alla base del progetto editoriale di Uovonero c’è il desiderio di offrire albi illustrati inclusivi e accessibili, in modo che anche i bambini che non se la cavano benissimo con la lettura possano comprendere e apprezzare lo stesso libro dei loro compagni più esperti. Dopo alcuni anni di esperienza con la collana pesci parlanti, la prima collana di libri in simboli in Italia, mentre da un lato ci siamo resi conto che molti albi illustrati pubblicati da altri editori sarebbero stati perfetti per una loro versione in simboli, dall’altro proprio alcuni colleghi sono venuti a chiederci una collaborazione. È nato così questo progetto che già dal nome, acronimo di Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili (con la “I” di inclusivi al centro, vera chiave di volta del progetto), presenta i propri intenti: modificare alcuni dei migliori albi illustrati già in commercio per crearne versioni accessibili e inclusive che, senza alterare l’equilibrio estetico fra testo e illustrazioni e mantenendo lo stesso formato e le stesse caratteristiche degli originali (compreso il prezzo di copertina), permettano grazie all’uso dei simboli WLS la lettura autonoma a bambine e bambini che non hanno ancora sviluppato le competenze necessarie per la comprensione di un testo alfabetico. Abbiamo coinvolto nel progetto altre undici case editrici specializzate in libri di qualità per bambini, che coraggiosamente hanno concesso ciascuna i diritti per uno dei migliori titoli del proprio catalogo, che sono Babalibri, Giralangolo, Bohem Press, Kalandraka, Topipittori, Sinnos, Kite, Camelozampa, Il Leone Verde Piccoli, Coccole Books.

 

Quali sono i criteri di selezione dei libri che inserite in questo progetto? Ci sono anche criteri estetici o solo di accessibilità e come i due criteri possono convivere?

Perché un libro sia “camillabile”, come diciamo con un neologismo nato per l’occasione, ci sono criteri grafico-editoriali e criteri di natura estetica. Questi ultimi non sono affatto secondari, ma sono anzi alla base della scelta di un libro: siamo convinti dell’importanza e del valore educativo della bellezza e riteniamo che una vera inclusione passi anche dal fatto di consentire l’accesso alla bellezza a chi, per motivi di vario genere, rischia di restarne escluso. Poi è importante che il testo non sia troppo lungo, perché il maggiore ingombro del testo in simboli rispetto a quello alfabetico, circa quadruplo, non deve danneggiare il rapporto con l’illustrazione né metterla in secondo piano. Anche la complessità del testo è un fattore da prendere in considerazione perché, se da un lato è tecnicamente possibile simbolizzare qualsiasi testo, dal punto di vista dei nostri obiettivi, in particolare quello di permettere il piacere della lettura ai giovani lettori in erba, un testo troppo complesso rischia di generare nel lettore unicamente una ripetizione di parole prive di senso generale. Oltre un certo livello di complessità, le competenze richieste per la lettura dei simboli sono tali da far supporre che il destinatario le abbia già raggiunte anche per la lettura alfabetica. Il progetto si sta anche rivelando una sorta di laboratorio sperimentale per stabilire i limiti entro i quali è possibile muoversi. Per esempio, ci siamo spinti all’uso dei simboli in un testo particolarmente ricco di usi metaforici della lingua come Le parole di Bianca sono farfalle di Chiara Lorenzoni, con le illustrazioni di Sophie Fatus, o in un testo in rima, come Ninna nanna per una pecorella di Eleonora Bellini, illustrato da Massimo Caccia. Una volta stabilita la camillabilità, il lavoro sul testo cerca di essere il più possibile rispettoso dell’originale, introducendo solo le modifiche indispensabili per una migliore comprensione del testo in simboli, che sono comunque ridotte al minimo. Dal lato grafico, l’intento non è quello di evitare ogni tipo di modifica ma di renderla impercettibile, facendo in modo di mantenere l’armonia del rapporto tra testo e illustrazioni esistente nel libro originale. I testi in simboli sono realizzati da Enza Crivelli, pedagogista clinica esperta di autismo, docente di Pedagogia Speciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttrice di vari centri per l’autismo in Lombardia, con la mia collaborazione.

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Che cos’è la CAA? Qual è la sua storia? In che ambito nasce e si sviluppa?

Nei miei corsi dico sempre che la Comunicazione Aumentativa Alternativa nasce nell’antichità, da quando l’uomo ha pensato di associare un testo e un’immagine con l’intento di rafforzare vicendevolmente l’efficacia comunicativa dei due codici. Uno splendido esempio medievale è rappresentato dai cosiddetti Rotoli Exultet, prodotti in area beneventana tra il X e il XII secolo, quando il popolo non capiva più il latino della liturgia e per far comprendere il significato del canto che annuncia la resurrezione si impiegavano splendidi rotoli illustrati che il cantore calava dall’ambone. In senso moderno, si può dire che la nascita della CAA è stato un episodio di serendipità, quando Charles K. Bliss, che voleva creare una lingua simbolica ausiliaria per permettere di comunicare a persone di culture e lingue diverse, scoprì con iniziale perplessità che in Ontario qualcuno stava usando i suoi simboli per facilitare la comunicazione da parte delle persone disabili. Erano gli anni ’70 del secolo scorso, e da allora prese avvio un processo di sviluppo di diversi sistemi di rinforzo della comunicazione, di cui l’uso dei simboli è solo uno dei tanti strumenti. Oggi possiamo dire che tutti noi usiamo quotidianamente in modo inconsapevole la Comunicazione Aumentativa Alternativa, per esempio quando inseriamo un emoji in un post sui social network per ribadire un concetto già espresso a parole.
Attualmente l’utilizzo della CAA è molto diffuso per i bambini con disturbi della comunicazione, ma da quando undici anni fa abbiamo pubblicato il nostro primo libro in simboli abbiamo notato una crescente diffusione presso tutti i bambini, che in questo modo riescono ad avvicinarsi precocemente alla lettura favorendo lo sviluppo delle aree cerebrali che controllano il linguaggio e i processi cognitivi.

 

Qual è la differenza tra Picture Communication Symbols (PCS) e Widgit Literacy Symbols (WLS)?

I PCS, nati negli anni ’80, sono una raccolta di simboli prevalentemente costituita da pittogrammi (quelli che nella classificazione di Peirce sono definiti “icone”), ovvero immagini che rappresentano persone, animali, oggetti concreti, e solo da relativamente pochi ideogrammi (i “simboli” di Peirce), con significato astratto. Questo li rende particolarmente “trasparenti”, ovvero di semplice comprensione e quindi adatti a persone con un basso livello di funzionamento cognitivo. Essendo nati per realizzare tabelle e materiali di comunicazione, sono quasi del tutto privi dei funtori linguistici; per questo il loro utilizzo nella simbolizzazione di un testo narrativo è in un certo senso una forzatura. Uovonero li impiega nella collana pesci parlanti, destinata a primissime letture e costituita da versioni semplificate di fiabe tradizionali. In questo caso è il testo a essere creato in funzione di ciò che possono esprimere i simboli e le caratteristiche di semplicità e facile comprensibilità rendono i PCS ottimali. I WLS, invece, nascono proprio per rendere più comprensibile un testo scritto, sono più articolati (con indicatori e classificatori presi a prestito dal Blissymbolics) e più “opachi” (nel senso che richiedono un maggiore sforzo di apprendimento). Questa maggiore complessità li rende idonei per essere impiegati nella simbolizzazione di testi preesistenti, come nel caso dei libri di Camilla.

biancaEsempio di simboli PCS in aggiunta al testo alfabetico in Enza Crivelli e Tommaso D’Incalci, Biancaneve, collana ‘pesci parlanti’ di Uovonero

 

Qual è la specificità di una comunicazione visiva? Perché non bastano solo le parole?

Come ha brillantemente spiegato Marianne Wolf, l’essere umano non nasce lettore. Al contrario, disegni al tratto con un alto grado di convenzionalità, come i simboli che utilizziamo nella CAA, vengono percepiti dal cervello in maniera molto rapida anche nelle primissime fasi di vita, perché il nostro cervello funziona in modo da individuare i contorni delle cose e riconoscere facilmente ciò che rappresentano. In base a questa premessa, in tutti i casi in cui per le ragioni più disparate la capacità di lettura non si è ancora sviluppata, la presenza del simbolo permette di avere un facile e più immediato supporto semantico da utilizzare in alternativa o congiuntamente al sistema alfabetico. Questo vale per i bambini in età prescolare, anche quando stanno cominciando a muovere i primi passi con la lettura, e per bambini di diversa madrelingua che stanno imparando l’italiano, dove i simboli hanno un po’ la funzione delle rotelle della bicicletta, che prima o poi si potranno tranquillamente togliere senza traumi. Esiste poi una categoria di “pensatori visivi”, tra i quali molto spesso si trovano le persone autistiche, che secondo l’efficace spiegazione di Temple Grandin pensano come la ricerca per immagini di Google. Per loro, fornire un’immagine convenzionale alla quale agganciare la comunicazione significa esplicitare in modo chiaro un significato, evitando la dispersione in tutti i molteplici significati del termine verbale e fungendo così da guida, da binari entro i quali mantenere il senso di ciò che si sta leggendo. Sono gli stessi bambini che a volte iniziano anche a scrivere in simboli prima che con le lettere dell’alfabeto.

 

Come si lega l’immagine/simbolo alla parola? È un linguaggio universale o ci sono delle specificità culturali?

Tutte le raccolte prevedono più simboli associati alla stessa parola, in modo da poter trovare di volta in volta il simbolo più aderente al significato in quel particolare contesto. In alcuni casi, come in presenza di linguaggio figurato, è necessario esplorare ulteriormente le ramificazioni semantiche e spostarsi in ambiti limitrofi, per poter utilizzare i simboli senza sacrificare le metafore del testo, che ne perderebbe in poeticità. Quando la comunicazione non è caratterizzata dall’urgenza o da un’assoluta necessità di precisione, ci si può permettere l’esplorazione di territori di meno immediata evidenza significativa ma di maggiore ricchezza, spostandosi dalla denotazione alla connotazione, dall’esattezza scientifica all’espressività letteraria. Pur con pretese di universalità, molti simboli sono soggetti a specificità culturali che richiedono non soltanto una traduzione del testo corrispondente in italiano ma anche una loro localizzazione. Per fare un esempio, il simbolo che indica la parola ‘sandwich’ in Italia sarà un panino, mentre negli USA sarà quello che noi chiamiamo tramezzino, e la polizia italiana sarà diversa da quella inglese.

 

L’abilità linguistica, la competenza comunicativa e la ricchezza del vocabolario dei destinatari come interagiscono nella scelta dei libri di Camilla?

Anche se non viene mai indicata né in copertina né altrove, ogni libro ha una propria età di riferimento e di conseguenza un relativo livello di sviluppo delle competenze linguistiche. Cerchiamo di scegliere libri di diverso livello, che possano soddisfare le esigenze di lettori anche molto diversi fra loro. In base alle caratteristiche del libro, cerchiamo sempre di introdurre qualche elemento di maggiore complessità, per portare ai lettori nuove conoscenze e nuovi strumenti. Ma, in particolare, il grado di complessità del testo influenza scelte che determinano l’aspetto grafico del testo sulla pagina, come per esempio la presenza o l’assenza della riquadratura intorno ai simboli, la posizione del testo al di sopra o al di sotto del simbolo, l’uso del maiuscolo, del maiuscoletto o del minuscolo nel testo alfabetico.

 

Cosa intendete per inclusività?

Spesso espressioni come ‘libro inclusivo’ e ‘libro accessibile’ vengono erroneamente usate come sinonimi, mentre per noi non lo sono. Un libro può essere accessibile ma non inclusivo quando presenta elementi che ne rendono più agevole la fruizione da parte di qualcuno ma che al tempo stesso hanno l’effetto di allontanare altri. Si può trattare di aspetti estetici, quando il libro accessibile ha una qualità inferiore delle illustrazioni, dei materiali, della cura grafica, o di aspetti legati al layout del testo, che non tiene conto delle esigenze del lettore che non ha bisogno dei simboli, rendendogli faticosa o fastidiosa la lettura. L’obiettivo finale resta sempre quello di realizzare un libro che possa essere letto e condiviso con lo stesso piacere dai lettori già esperti e da quelli per cui i simboli sono indispensabili. Un banale esempio per chiarire quanto appena detto è quello dell’ascensore. Gli ascensori del passato, stretti e con le porte manuali, a differenza degli attuali a norma di legge per consentire l’accesso ai disabili, non erano per niente inclusivi. Ma non lo sarebbe nemmeno un ipotetico sistema di funi a cui agganciare una carrozzella, perché escluderebbe tutti coloro che possono stare in piedi. La vera inclusione nei libri è pensare anche a chi non ha bisogno dei simboli.

 

Avete e fate progetti con bambini e bambine? Ce li potete raccontare?

Negli anni abbiamo continuato a incontrare i bambini e le bambine per vedere l’effetto che i nostri libri hanno su di loro e ormai abbiamo raccolto una grande quantità di riscontri. Dalle semplici letture dei primi anni, col tempo abbiamo sviluppato laboratori di lettura collettiva ad alta voce, di scrittura in simboli, di gioco, di creazione di storie, tutto con l’utilizzo dei simboli, che abbiamo raggruppato sotto il nome di Insalata di simboli e che proponiamo nelle scuole, nei festival e in altre occasioni, e che contiamo di riprendere non appena l’emergenza dovuta alla pandemia sarà cessata. Sarà bello rivedere il divertimento e la soddisfazione dei bambini che, magicamente, in pochi minuti scoprono che grazie a quei “disegnetti” sanno leggere e che non vedono l’ora di tornare a casa per poter essere loro a leggere una storia a mamma e papà.

 

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