della redazione
In occasione della Giornata Europea della Logopedia, sabato 6 marzo, la redazione di Libriamoci a scuola ha realizzato una bibliografia con libri che giochino con i suoni e con le parole, anche quelle che non trovate nel dizionario!
SCUOLA DELL’INFANZIA
Emanuela Bussolati, Tararì tararera…Storia in lingua Piripù per il puro piacere di raccontare storie ai Piripù Bibi, Carthusia, 2020
La lingua Piripù è una lingua che tutti i bambini capiscono, anche se a leggerla sembra impossibile determinarne perfino una radice. Emanuela Bussolati inventa la famiglia dei Piripù con dei pezzetti di carta e pochi tratti e dà loro una lingua fatta di suoni espressivi, di grafie molto studiate che indicano come il testo deve essere letto e il gioco è fatto: una serie di suoni diventano il modo per dire delle cose precise, dirle a voce alta ed entrare a far parte della comunità Piripù.
Questo è il primo di una serie di libri in lingua Piripù realizzati dall’autrice.
Olivier Douzou, Il naso, Orecchio Acerbo, 2008
Tutto nasce da un brutto raffreddore e un naso otturato diventa “un daso” che per sturarsi parte alla ricerca del “gradde fazzoletto”. Sarà così che per strada incontrerà una collezione di “dasi” grandi, piccoli, pinocchieschi, clowneschi, pronti a “cabbidare e cabbidare” per potersi sturare! Fra N e M scomparse rimpiazzate dalle B e dalle D, Olivier Douzou, grafico e giocoliere di parole, costruisce un’avventura esilarante e nasale, omaggio a Queneau, Perec e Calvino.
Franco Matticchio, Animali sbagliati, Vànvere, 2016
Esistono gli animali giusti e quelli sbagliati. Questi ultimi hanno qualcosa di leggermente diverso dal solito, nel loro nome e conseguentemente nel loro aspetto: c’è il “pinguone” che è un gigantesco e pingue pinguino, lo “scimpanziano” che è uno scimpanzé vecchissimo, la “barmotta” che se ne sta seduta placida al bar. Una esilarante prova di ars combinatoria in cui Franco Matticchio si cimenta con la crasi delle parole e i folli risultati che da questa possiamo far scaturire.
Fabian Negrin, La lingua in fiamme, Orecchio Acerbo, 2014
Le parole, come le fiamme del titolo, sono vive e possono essere spiazzanti. Fabian Negrin utilizza una lingua accurata che, come le pennellate rosso fuoco, accende l’immaginazione del lettore. “Vicino al gatto/ La testa appoggio./ E adesso anch’io disogno”: poesie e nonsense per giocare con le parole.
Claude Ponti, Biagio e il castello di compleanno, Babalibri, 2005
Negli albi di Claude Ponti l’invenzione visiva e quella linguistica vanno sempre di pari passo. In questo albo mirabolante, in cui un esercito di folli pulcini deve costruire in sette giorni una gloriosa festa di compleanno, ci sono castelli “incredeliziosi”, tuffi “tuffotuffati” e “tuffafondo” e ingredienti che vengono “mescodelllati” e “grapasticciati”. Ponti stiracchia la lingua come se fosse fatta di pasta, come se fosse l’ingrediente fondamentale per cucinare la più grande e bella torta di compleanno mai vista.
Toti Scialoja, Tre chicchi di moca, Edizioni Lapis, 2002
“Tre chicchi di moca/ tritava il tricheco”: in questo albo, come in altre opere di Toti Scialoja, il vero protagonista è il divertimento che deriva dal gioco con i suoni e con le parole, il piacere di perdersi nel ritmo delle allitterazioni che danno vita, insieme alle illustrazioni del poeta e pittore, alle fantasiose avventure degli animali.
SCUOLA PRIMARIA
David Almond, La storia di Mina, Salani, 2019
La maestra di Mina non sempre apprezza i suoi temi e i suoi compiti in classe, ricchi di nonsense, di suoni e di giochi di parole. La bambina protagonista capisce, più della maggior parte degli adulti che la circondano, che l’arte, come anche le parole, non deve necessariamente rappresentare qualcosa di riconoscibile, ma può assomigliare a qualcosa che esiste ma che non si può vedere o dire.
Lewis Carroll, Raphaël Urwiller, Jabberwocky, Orecchio Acerbo, 2012
Le illustrazioni di Urwiller e la traduzione di Masolino D’Amico ridanno vita, in questo albo, al nonsense di Carroll, l’avventura di un piccolo re che dovrà affrontare il temuto “ciarlestrone”. L’infanzia ha il potere di districarsi in questa lingua magica, ricca di parole inventate e neologismi, meglio del mondo adulto e sarà infatti un bambino a riuscire a sconfiggere il mostro.
Roald Dahl, Agura trat, Salani, 2016
Quale potrebbe essere il segreto per far crescere una tartaruga e fare colpo sulla signora Silver? Il signor Hoppy ha la soluzione: parlare il tartarughese! “AGURA TRAT, AGURA TRAT/ ATNEVID UIP EDNARG, UIP EDNARG!” e il piccolo Alfio diventa sempre più grande, ma forse questa magia non funziona proprio come sembra…
Edward Lear, Il libro dei nonsense, Einaudi, 2004
La raccolta di Lear è un insieme di brevi composizioni in cui versi e disegni sono inscindibili, in cui parola e immagine prese singolarmente non renderebbero la totalità dell’opera e si perderebbe parte del suo fascino e del piacere della lettura. Protagonista della raccolta, pubblicata nel 1846, è il nonsense che riprende la sonorità e il ritmo della narrazione orale.
Fosco Maraini, Gnosi delle fànfole, Nave di Teseo, 2019
Nella lingua nuova di cui si serve Maraini, non sono più le parole a dare un significato alle cose che vediamo e che ci circondano. Sono gli stimoli esterni invece a fornire un senso alle parole, attraverso suoni, colori e musica. Le fànfole sono quindi puro significante e possono essere quello che volete che siano!
Gianni Rodari, Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi Ragazzi, 2020
La conoscenza del mondo non può, secondo Rodari, fare a meno del potere dell’immaginazione. Filastrocche sulla punteggiatura, “errori creativi” e favole al rovescio moltiplicano le loro aperture grazie alla fantasia di lettrici e lettori, non fermandosi mai né in cielo né in terra.
Toti Scialoja, Tre per un topo, Quodlibet, 2014
Un regalo che zio Toti dedica nel 1969 alle due nipotine, Barbara e Alice, è l’inizio delle raccolte di giochi di parole che Scialoja scrive per bambine e bambini. “Topo, Topo senza scopo dopo te, cosa vien dopo?”: rime, assonanze, nonsense verbali formano questi piccoli componimenti in cui la stessa mano di Scialoja delinea, scrivendo e disegnando, senza soluzione di continuità grafico linguistica, degli splendidi e fulminanti ritratti di animali.
Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, 2017
Scialoja riporta il suo stile pittorico astratto, in cui forma e colore rappresentano se stessi più che una realtà esterna, nella scrittura di poesie. Al centro dei testi si trovano infatti il divertimento dei giochi di parole e scelte linguistiche inaspettate che finiscono poi per raccontare una storia, non importa se assurda o nonsense. L’autore riporta la nostra attenzione sul senso che hanno i suoni, che viene molte volte ignorato per affrettarsi sul senso del contenuto.
Bruno Tognolini, Rime raminghe. Poesie scritte per qualcosa o qualcuno che poi girano il mondo per tutti, Salani, 2013
“Con una coda ma senza la testa/ Solo per finta, solo per festa/ Solo per fiamma che brucia per fuoco/ Fammi giocare per gioco”.
Il linguaggio poetico è così ricco che quando è destinato a girovagare per il mondo, a passare da lettrice a lettore come suggerisce il titolo, moltiplica i significati possibili uscendo anche dalle intenzioni dell’autore. Tognolini sceglie con cura le parole, più per il loro suono e ritmo, che per il significato.
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