di Angela Aniello – Scuola Secondaria di Primo Grado dell’I.C. “Sylos” (Bitonto)

Gli alunni della classe III A dell’I.C. “Sylos” di Bitonto (Ba), guidati dalla docente Antonia Saulle, hanno aderito al progetto Libriamoci sviluppando un tema interessantissimo: può esserci una globalizzazione senza disuguaglianze?
In un mondo che, apparentemente, sembra essere di tutti nella dimensione planetaria dei processi economici, emerge, ahimè, una netta separazione tra il Nord e il Sud del Mondo: la delocalizzazione sfrutta la forza lavoro dei Paesi più poveri in contrapposizione a un commercio che favorisca i piccoli produttori locali, perciò chiamato “equo e solidale”.
Gli alunni hanno riflettuto su un’altra domanda urgente quanto necessaria e attuale: come si impara a vivere nella grande casa del Mondo? Accelerando la cultura dello scambio? Sostenendo fortemente il concetto di collettività?
Ogni lettura li ha guidati ad esplorare i grandi problemi del mondo nell’ottica di una mondialità costruttiva e non depauperativa.
Dal confronto fra le diversità ne è scaturito il  ripensamento  e la riprogettazione di atteggiamenti responsabili a partire dal vicinato per poi allargare lo sguardo a tutto il pianeta.

Leggendo l’articolo di Gianluca De Nicola gli alunni hanno compreso che non si può parlare di globalizzazione senza far riferimento alle numerose conseguenze negative che ne derivano: talora nell’era del digital divide il rischio grande è proprio quello di perdere la propria identità, le proprie tradizioni smarrendo preziosi punti di riferimento.
Oltrepassare i confini nazionali significa anche far aumentare le differenze sociali nel tentativo di assimilare modelli di consumo e stili di vita.
Come rafforzare allora il senso di fratellanza fra i popoli se poi si smarrisce un po’ della loro originalità?
La macroeconomia dovrebbe tendere a un villaggio globale che consideri gli interessi di tutti.
Pensiamo a Charlie, dodicenne, che vive nello Zambia ed è costretto a vendere un po’ di farina per guadagnarsi da vivere senza avere la possibilità di andare a scuola.
Parliamo dei suoi genitori morti di AIDS perché non potevano curarsi  in un paese talmente indebitato nei confronti dei paesi ricchi da non poter garantire i servizi primari.
Ma le disuguaglianze sono anche nelle nostre città fra le fasce più deboli (anziani, donne sole con figli, lavoratori precari) lasciate ai margini.
Dice bene Tiziano Terzani: “dinanzi alla complessità di meccanismi disumani – gestiti chi sa dove, chi sa da chi – l’individuo è sempre più disorientato, si sente perso aumentando così il suo isolamento, il suo senso di inutilità”.
Gli alunni hanno capito che bisogna ripartire dall’essenziale, dalle domande di fondo, e la scuola in tutto ciò deve essere fautrice di un’educazione alla coesistenza pacifica, dell’idea di un’umanità unita in un unico abbraccio.
La Dirigente, Dott.ssa Filomena Bruno, ha ringraziato la docente e gli alunni per la preziosa personalizzazione di un tema così importante nella speranza che davvero un giorno nel rispetto dei diritti di tutti si possa cancellare la parola “disuguaglianze”.