di Francesca Romana Grasso – Edufrog

*Su permesso dell’autrice, ripubblichiamo questo intervento originariamente apparso QUI.

“Libri a tema”: cosa sono? A chi servono? Esistono libri che non siano a tema?

Quando libri per bambini e giovani trattano un solo argomento, isolandolo dagli altri, raramente sono artisticamente validi, a meno che l’autore non si sia prefisso esplicitamente di indagare o rappresentare uno specifico aspetto. Più frequentemente, in un buon libro, da un “tema” principale se ne dipanano altri e capita spesso che uno, secondario per molti, diventi centrale per qualche lettore, perché il libro, anche nella sua dimensione più tradizionale, è intrinsecamente interattivo e attivante, non può non chiamare in causa, come co-narratore, colui che lo “anima”. Solo chi legge, infatti, può definire il focus, accendere lo sguardo, posizionare la luce e decidere come avventurarsi nella narrazione, quali strade seguire, cosa ignorare.

Capita spesso, nella produzione per bambini e giovani, che un libro “a tema” risponda a esigenze dell’adulto di presentare un argomento, offrire un modello, una spiegazione. Questo è un dato di realtà, di per sé neutro, perché tale esigenza può produrre capolavori o risultati scadenti. È  pur vero che vengono editati “anche” libri  improvvisati, studiati a tavolino non in funzione della loro qualità finale, quanto per arrivare ad una massiccia e capillare distribuzione su scaffali, bancarelle, supermercati, alle poste, (…). In tal caso un uso improvvisato del libro, da parte dell’adulto, può rinforzare stereotipie e abbassare la possibilità, per il bambino, di raffinare le proprie capacità immaginifiche, interpretative, lessicali. Soprattutto quando la dieta culturale del bambino prevede solo questo tipo di nutrienti.

Allora cosa distingue un buon libro a tema da uno scadente?

Oltre alla qualità intrinseca del progetto e della sua realizzazione,  ciò che differenzia, a mio parere, l’uso del libro “a tema” in chiave funzionale o disfunzionale, è la modalità con cui lo strumento viene usato: se usato come “libro ricetta” per accompagnare dei passaggi (abbandono del pannolino, del ciuccio, addormentamento, …) facilmente  espone i bambini a soluzioni già prefigurate e predigerite di problemi che forse non aveva realizzato di avere, in tal caso il bambino rimane passivo di fronte alla somministrazione di un insegnamento; diversamente, se un libro a tema è uno tra i tanti libri che lo stesso bambino ha a disposizione, indipendentemente dal fatto che stia vivendo le vicende narrate tra le sue pagine, a mio giudizio, può significativamente sostenerlo offrendogli parole per “nominare il mondo”, andando ad arricchire il bagaglio delle cose riconosciute (perché già vissute, e quindi fare leva sulla soddisfazione di “sapere già”) o descrivendo cose sconosciute (che nel momento in cui verranno vissute in prima persona, potranno guidare il bambino a scegliere -da solo- proprio quel libro, che “già” conosce e che parla di una cosa per lui centrale “in quel” determinato momento della vita).

Anche quando crescono, i bambini sono esposti in misura eccessiva a racconti o romanzi in cui le trame sono meri artifici per supportare una tesi centrale troppo didascalica ed esemplificata, quasi come se le loro menti non fossero in grado di cogliere le innumerevoli sfumature della vita.  Non è così: i bambini invece sono tutti potenziali intellettuali, concordo con Roberto Innocenti che così mi scriveva in una lettera.

Roberto Denti invece rispondeva, a chi gli chiedeva “cosa far leggere a un bambino che sta soffrendo per una situazione specifica, ad esempio per una grave vicenda familiare?” che a quel bambino forse sarebbe gradito evadere da una realtà dolorosa,  il tempo di una lettura, attraverso un libro di molte pagine, capace di trasportarlo con passione altrove, verso l’avventura, o comunque in una dimensione fantastica. Condivido pienamente, convinta che se un bambino, nel corso della sua vita, avrà avuto occasione di allenare le sue competenze empatiche ed avrà esplorato il suo essere, “anche” immedesimandosi in molti personaggi di storie, lette quando non c’era correlazione tra la sua quotidianità ed esse, avrà buone basi su cui attivare le proprie risorse – e su di esse costruirà il suo comportamento. Se un bambino avrà letto, ad esempio Il mondo è anche di Tobias (Lapis), prima di condividere il suo tempo con un coetaneo che soffre di autismo, probabilmente avrà qualche risorsa in più per farsi chiarezza su cosa prova, così come avrà qualche elemento per riflettere su come gestire alcuni aspetti relazionali e pratici.
Nessun libro potrà mai sostituirsi all’esperienza, nessuno potrà mai esaurire un percorso di crescita, ma “buoni libri” sono capaci di presentare aspetti, sollecitare domande, attivare ipotesi, suggerire  tentativi.

I libri possono offrire delle chiavi su tematiche a cui i bambini sono quotidianamente, o potenzialmente, esposti dalla vita, dai media, dai luoghi in cui vivono, ma, a differenza di altri  comunicatori, possono attivare nel lettore la possibilità di immedesimarsi, interrogarsi su cosa prova, pensa, farebbe, se si trovasse al posto del personaggio narrato. Per questo, secondo me, è importante che sugli scaffali di famiglia, come in quelli scolastici, abbondino i temi, spaziando da quelli più leggeri a quelli più impegnativi. In questa maniera ai giovani lettori sarà  possibile esplorare il mondo, la vita , la morte, l’amore, l’odio, la gioia, la tristezza, la malattia, la vitalità, la cooperazione, l’agonismo, la cultura, la ricchezza, la povertà, la libertà, la storia, l’attualità e la fantasia (…) perché saranno in condizione di poter “scegliere” di leggere “quel” libro quando “desidereranno” farlo.

È molto più costruttivo mettere a disposizione di bambini e ragazzi la possibilità di indagare un aspetto che lasciare quel potenziale lettore esposto unicamente alle scelte altrui. Ciò non significa che l’adulto non possa utilizzare un libro per affrontare un tema che non sa gestire, certo che può farlo! Ma ogni bambino,  ogni giovane, deve avere la possibilità di accedere, “anche” autonomamente, ai vari temi “anche” in momenti non coincidenti tra la sua esperienza personale e le vicende narrate. Altrimenti il rischio che la lettura di temi importanti diventi una interpretazione arida e didascalica, a misura di adulto,  si fa ingombrante. Oltretutto, non è infrequente che un bambino scelga un libro che da solo non leggerebbe, chiedendo a un adulto di leggerglielo. Sono anche convinta che mantenendo l’abitudine di leggere ad alta voce per i propri cari o ai propri alunni, anche quando non sono più bambini, aumenti le possibilità di creare ponti significanti tra le persone intorno a un libro e alla vita di cui parla.

Nei libri il mondo! Espressione quantomai azzeccata quella usata dalle Giannine per intitolare la mostra sulla mondialità. Nei libri si incontra il mondo, anche -e soprattutto- il proprio mondo interiore, capace spesso di lasciarci senza parole, così come le pagine spesso sono preziose proprio perché ce le offrono in lettere e\o immagini.

[L’immagine è tratta da L’estate di Garman di Stian Hole, Donzelli]