Perché la poesia nel tempo della desolazione (e della guerra, aggiungiamo noi)? È la domanda che un grande poeta tedesco proponeva ai suoi lettori più di due secoli fa. La domanda resta attuale nonostante la distanza temporale che ci separa dal tempo in cui Hölderlin (è questo il nome del poeta) la vergava con l'inchiostro del suo tempo, un tempo non meno turbolento e problematico del nostro.
E se resta attuale la domanda poetica, altrettanto attuale resta la risposta implicita all'interrogativo dell'autore romantico: quanto più i tempi sono desolati e bui, più incombono le minacce e i pericoli, più necessario e urgente si fa il bisogno di poesia. È uno strano paradosso che non finisce di stupire gli stessi poeti, i quali meglio di chiunque altro conoscono la volatile fragilità della strana creatura con cui quasi quotidianamente hanno a che fare.
Resta l'affascinante mistero, quasi certamente destinato a non trovare soluzione, su come sia possibile che una cosa fatta di semplici parole possa manifestare e trasmettere tanta forza, vitalità, conoscenza, stimolo per l'avventura intellettuale, sorpresa emotiva e altro ancora. Sarà forse perché in fondo non è così semplice? Perché le parole non sono mai così semplici come talvolta ci appaiono?
Per cercare di capirlo, possiamo fare due cose: imparare a leggere meglio le poesie, avvicinando l'orecchio alle parole e ai versi di cui sono fatte e, dopo averlo fatto, provare a fabbricarne qualcuna anche noi, insieme o separatamente. Probabilmente scopriremo che dietro la semplicità si nasconde una sapienza, un saper fare, un allenamento, un esercizio paziente. Si nasconde, in altre parole, una tecnica, una poiein, per riprendere il termine greco da cui deriva il nostro poesia: ossia, appunto un fare, un saper fare.
Pensiamo perciò che non ci sia niente di meglio di un laboratorio per scoprire e inventare la poesia; un laboratorio serio e giocoso a un tempo, disciplinato e indisciplinato, anarchico e ligio alle regole; un luogo allegro e aperto dove incontrarsi per leggere, discutere, inventare, scrivere, cancellare, riscrivere e ancora riscrivere, assaporando senza inibizione l'anima sonora, musicale della lingua, senza la quale nessuna poesia potrebbe mai venire al mondo.
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